La Piovra è stata il primo grande capolavoro della serialità televisiva italiana. Trentacinque anni fa, l'11 marzo 1984, su Rai 1 andava in onda la prima puntata della serie destinata a segnare l'immaginario del pubblico. Creata da Sergio Silva, scritta da Ennio De Concini (al quale si alternarono poi Stefano Rulli e Sandro Petraglia, Mimmo Rafele e Alessandro Sermoneta), diretta da Damiano Damiani (dopo di lui alla regia si succedettero Florestano Vancini, Giacomo Battiato e Luigi Perelli), La Piova raccontò i nervi scoperti della società italiana. Per la prima volta in tv si parlava apertamente di mafia, e della lotta impossibile contro la Cupola. Sono passati 35 anni e in vista del suo compleanno celebriamo la serie con queste dieci imperdibili curiosità.
La Piovra 1: un successo mondiale
– Le dieci stagioni della Piovra (realizzate dal 1984 al 2003) sono state programmate dalle tv di 160 Paesi nel mondo. Fino ad allora, fu uno dei pochi prodotti televisivi italiani esportati all'estero. Il suo titolo internazionale era The Octopus: in Germania, dove era popolarissima, divenne invece Allein gegen die Mafia (Da solo contro la Mafia).
– La fiction ha avuto 14 milioni di media di spettatori, con punte di 20 milioni. L'uccisione del commissario Cattani, avvenuta nella quarta stagione, ottenne ascolti record da 18 milioni.
– Michele Placido non era la prima scelta della produzione, anzi. In molti volevano che fosse Franco Nero ad interpretare Corrado Cattani. Fu Damiano Damiani ad insistere per avere come protagonista l'allora 38enne attore pugliese.
– Il titolo, oltre che ispirato chiaramente ai tentacoli di Cosa Nostra, faceva riferimento anche all'Ovra mussoliniana (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo), ovvero i servizi segreti di polizia politica durante il regime fascista che avevano per simbolo, appunto, una piovra.
– Nonostante la popolarità e il clamore, La Piovra suscitò non poche polemiche. Furono soprattutto la Democrazia Cristiana prima, e Silvio Berlusconi poi, a criticare la serie per i contenuti violenti e l'immagine negativa dell'Italia che veniva data fuori dai nostri confini. La messa in onda della sesta stagione, nell'Italia che tra il 1991 e il 1992 veniva travolta da Tangentopoli, venne addirittura posticipata di oltre un anno.
La Piovra: serie tv ispirata a fatti reali dell'Italia
– Peppino Impastato, il giovane che si ribellò alla mafia e venne ucciso a 30 anni il 9 maggio 1978, è stato omaggiato dalla serie nella settima stagione. Il personaggio di Daniele Rannisi (Gedeon Burkhard), il reporter antimafia che gira per la città su di un furgone da cui trasmette la sua radio pirata, Radio Tam Tam, dove denuncia i misfatti della criminalità locale, era chiaramente ispirato alla vicenda di una delle voci più coraggiose della lotta a Cosa Nostra e alla sua Radio Aut.
– Presente dalla terza alla quinta stagione, il boss Antonio De Pisis (Marcello Tusco), detto il "Puparo", è chiaramente ispirato a Totò Riina e Tommaso Buscetta. Prima per la sua posizione da latitante a capo della cosiddetta "mafia vincente", proprio come Riina. Poi perché, braccato e lasciato solo come Buscetta, fece i nomi di tutti gli esponenti di spicco della Cupola al giudice Giovanni Falcone.
– Nella terza puntata della quarta stagione, la giudice Silvia Conti (Patricia Millardet) viene punita con uno stupro per la sua attività antimafia. La scena del furgone bianco su cui viene fatta salire fu liberamente ispirata alla violenza subita da Franca Rame, sequestrata e stuprata nel 1973 da un gruppo di neofascisti (su "ordine" dei carabinieri, sostiene Biagio Pitarresi, esponente di spicco della destra milanese).
– La serie ha lanciato tantissimi attori. Nel corso degli anni si sono visti nel cast, tra gli altri, Raoul Bova (in due parti distinte nella settima e nell'ottava stagione), Luca Zingaretti (nell'ottava stagione era il boss senza scrupoli Pietro Favignana), Simona Cavallari (che aveva esordito con Damiani e Placido in Pizza Connection e poi diventerà protagonista di un'altra serie di grande successo, Squadra antimafia - Palermo oggi) e Lorenza Indovina (era Chiara Bronta, moglie remissiva di Saverio e poi collaboratrice di giustizia).
– Nel 1995, quando venne mandata in onda la prima puntata della settima stagione, il quotidiano la Repubblica fece un esperimento: chiese a Tommaso Buscetta di vedere l'episodio e commentarlo. Al pentito che svelò i segreti di Cosa Nostra, non piacque affatto: "Non parlerò forse un italiano forbito, ma non parlo in siciliano e di questa parola - ' minchia' - non ne faccio mai uso. Come non ne fanno uso gli uomini d'onore, nemmeno all'Ucciardone dove pure sono solo uomini. Era una caricatura e me ne sono vergognato molto. Dicono che la finzione supera sempre la realtà. Io penso, invece, che la finzione rimane sempre al di sotto della realtà della mafia e della vita dei mafiosi".
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