Nonostante il successo di visualizzazioni su Netflix, La legge di Lidia Poët non si prende semplicemente qualche licenza nel raccontare la storia vera della prima avvocata italiana, ma falsifica la realtà. È quello che sostiene Cristina Ricci, la scrittrice che dopo una lunga e minuziosa ricerca, ha riportato per prima alla luce la vicenda umana e professionale di una figura fondamentale per l'emancipazione femminile.
La legge di Lidia Poët, recensioni negative da storici e eredi
Cristina Ricci ha pubblicato per Graphot la biografia Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell'emancipazione femminile e non gradisce quello che si vede nel giallo con Matilda De Angelis, scritto da Guido Iuculano e Davide Orsini per la regia di Matteo Rovere e Letizia Lamartire.
Poët è stata sì la prima donna a diventare avvocata nel Regno d'Italia e la prima in assoluto in Europa a chiedere di esercitare l'avvocatura. Tuttavia, la sua vita sopra le righe, tra voglie bollenti, imprecazioni e indagini poliziesche alla Miss Marple, è un clamoroso falso storico.
In alcune dichiarazioni raccolte da Massimo Novelli per Il Fatto Quotidiano, Ricci spiega che "nella serie tv l'unica cosa vera è la lettura della sentenza della Corte d'appello", quando la corte di Torino annulla nel 1883 l'iscrizione dell'avvocata all'Ordine forense prima dell'approvazione nel 1919 grazie alla legge Sacchi.
Tutto il resto è pura fantasia, a cominciare dalla citata opposizione della famiglia alle scelte di Lidia, quando invece l'appoggiò sempre. Il mondo valdese, poi, così importante, è scomparso nella fiction. Penso che alla Poët, che subì in vita non pochi torti, sia stato reso un pessimo servizio.
La scrittrice aggiunge che la storia è stata troppo romanzata, "come se solamente facendo molto sesso, tra scene di nudo, turpiloquio e bevute, si potesse essere donne emancipate". Lanciata su Netflix il 15 febbraio, La legge di Lidia Poët è diventata in poche settimane la terza serie più vista al mondo tra quelle distribuite dal gigante dello streaming. Eppure neanche gli eredi l'hanno gradita.
La legge di Lidia Poët, Netflix bocciata: "Troppe bugie"
Marilena Jahier Togliatto, una delle ultime discendenti dell'avvocata, rivela a La Stampa che "in quella serie tv non c'è sul serio nulla della mia parente Lidia: ne ho vista una sola puntata e poi ho abbandonato per sdegno".
Va bene romanzare, ma neanche storpiare così un personaggio che tanto bene ha fatto alla storia dell'emancipazione femminile, mi pare ingeneroso. E di segno opposto al senso che ha voluto dare alla sua esistenza la mia lontana prozia.
Il bisnipote Valdo Poët, classe 1941 e discendente diretto di Lidia, sottolinea pure gli errori storici macroscopici fatti dagli sceneggiatori ed è ancora più netto.
Mi sono bastati i racconti: io l'ho conosciuta quando avevo 7 anni a Diano Marina, ma me ne hanno sempre parlato come di una donna serissima, dedita soltanto allo studio, elegante e riservatissima.
Foto: Lucia Iuorio/Netflix
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