Se per Cinquanta sfumature di grigio dietro la macchina da presa c’era l’esordiente inglese Sam Taylor-Johnson, sorprendente nel di-segnare le architetture degli spazi e i contrasti prodotti, per il secondo capitolo delle avventure erotiche basate sui romanzi di E.L. James, Cinquanta sfumature di nero (nelle sale da giovedì 9 febbraio 2017), è stato chiamato un solido professionista, l’americano James Foley, al quale è stata affidata anche la regia della terza parte, Cinquanta sfumature di rosso, in post-produzione e prevista in uscita nel febbraio 2018.
James Foley, newyorkese di 63 anni, ha in filmografia alcuni dei più entusiasmanti film post-moderni degli anni Ottanta, che ancora oggi sono le sue opere migliori. Dal 1984 al 1990 Foley realizzò quattro lungometraggi immersi in cromatismi magmatici, densi, dai quali sprigionava una palpabile seduzione visiva, lavorando sui corpi e su incontri ravvicinati tra il romanticismo, il noir, l’attrazione sessuale. Con la complicità di attori e attrici in splendida forma. Il suo primo film è Amare con rabbia (Reckless, 1984), racconto di una conoscenza, del desiderio e della passione che sconvolgono le vite del ribelle giocatore di football americano Johnny (Aidan Quinn, al suo esordio; un anno dopo avrebbe condiviso le scene con Rosanna Arquette e Madonna nel capolavoro di Susan Seidelman, autrice dallo sguardo sempre indipendente, Cercasi Susan disperatamente) e della cheerleader Tracy (Daryl Hannah, splendente come in qualunque sua altra apparizione). Le atmosfere noir che caratterizzeranno buona parte dei lavori di Foley cominciano a manifestarsi due anni dopo in A distanza ravvicinata (At Close Range, 1986), thriller che sconfina nella tragedia nel descrivere l’insanabile rapporto tra un figlio e un padre. Quest’ultimo è un criminale (Christopher Walken) che torna a casa costringendo il figlio, che porta il suo stesso nome, Brad (Sean Penn), a incamminarsi sulla strada del crimine. Lo scontro finale tra i due Brad è memorabile.
Trascorre un anno e Foley firma la scatenata commedia Who’s That Girl (1987), con Madonna (per la quale dirigerà tre videoclip) nei panni di Nikki, giovane uscita di prigione decisa a vendicarsi di chi l’ha ingiustamente incolpata. Al suo fianco, l’avvocato Louden (Griffin Dunn, indimenticabile protagonista di Un lupo mannaro americano a Londra, 1981, di John Landis e di Fuori orario, 1985, di Martin Scorsese), incaricato di scortarla fino alla fermata dell’autobus, assicurandosi che la ragazza torni a Philadelphia, e che invece viene trascinato nelle sue scorribande. Tutto salterà per aria, e la scena finale del matrimonio di Louden con una donna dell’alta borghesia mandato a monte da Nikki, e che sancirà la storia d’amore tra lei e l’avvocato, è un altro gioiello filmato da Foley. Crimine, sesso, vite esposte al rischio sono in primo piano anche nel successivo lavoro di Foley, Più tardi al buio (After Dark, My Sweet, 1990, tratto dal romanzo È già buio, dolcezza pubblicato nel 1955 dal grande scrittore di noir Jim Thompson, che già attrasse Stanley Kubrick, Sam Peckinpah, Bertrand Tavernier, Stephen Frears), dove l’ex pugile Kevin ‘Kid’ Collins (Jason Patric), reduce da esperienze traumatiche, viene sedotto e assoldato dalla vedova Fay Anderson (Rachel Ward) per rapire il figlio di un miliardario.
Nei due decenni seguenti, Foley continuò in maniera egregia la sua carriera, pur non raggiungendo più le vette di quei quattro film. Il noir e la crime story rimasero un punto di riferimento e, dopo Americani (Glengarry Glen Ross, 1992), tratto dalla pièce di David Mamet, con Al Pacino, Jack Lemmon, Kevin Spacey, li elaborò in diversi film, tra cui Paura (1996) e Perfect Stranger (2007). Paura, ambientato in una villa isolata dove un giovane paranoico semina terrore in una famiglia, è inscritto in una catena di sequenze in cui i corpi si danno battaglia fisica, spesso immersi nel buio e nella notte, in luoghi che invece di rassicurare esprimono un dilatato senso di angoscia e terrore, a partire dagli ambienti domestici, spazi privilegiati dell'azione e della progressione drammatica degli eventi. Molte sono le citazioni in un lavoro che, accanto a scene esemplari (quella con Nicole, figlia della coppia assediata, sotto la doccia, ritmata da una musica assordante che cancella ogni altro rumore, rendendo le immagini sospese e avvolte di sensualità, in cui si ritrova tutto lo sguardo sensuale del regista; quella sull’ottovolante con lo psicopatico David che masturba Nicole, ovvero il piacere e la velocità che viaggiano in sincrono all’interno di una scenografia che modifica l’ambiente in punti luminosi e astratti), vira però verso un pensiero moralistico e reazionario nel narrare un’unità familiare devastata dalla presenza di un intruso. In Perfect Stranger le star sono Halle Berry, nel ruolo di una giornalista, e Bruce Willis, in quello di un magnate della pubblicità frequentatore di chat line erotiche. Il thriller sconfina nei labirintici spazi virtuali di internet. Foley girò tre finali diversi, con altrettanti assassini, per un film che è il primo girato a Ground Zero dopo l’11 settembre.
In seguito, Foley ritrova Kevin Spacey dirigendo, fra il 2013 e il 2015, dodici episodi di House of Cards. E ora è il momento del suo sguardo posato sui corpi di Dakota Johnson e Jamie Dornan, l’Anastasia Steele e il Christian Grey di Cinquanta sfumature di nero.
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