Per l’undicesima edizione di Culinary Cinema, sezione del festival di Berlino, il filo rosso è l’analisi della relazione tra cibo, cultura e politica. A indagarne gli aspetti sono dodici documentari, prevalentemente lungometraggi, provenienti da diversi paesi a testimonianza di una produzione ricca e articolata. Di particolare interesse si presenta il lavoro di Mark Tchelistcheff André - The Voice of Wine sulla figura dell’aristocratico russo André Tchelistcheff, suo nonno, che consacrò la sua vita allo studio della produzione artigianale del vino. Pur se con una forma abbastanza convenzionale, il documentario rivela l’influenza di Tchelistcheff su molti odierni produttori di vino, tra cui Francis Ford Coppola, uno degli intervistati in questo film che ha la voce narrante di Ralph Fiennes.
Di tutt’altro genere è At the Fork di John Papola. Insieme alla moglie vegetariana Lisa, il regista compie un viaggio negli stabilimenti di allevamento. È pieno di domande per sapere cosa si celi nella carne di un hamburger o in un bicchiere di latte. Scopre la realtà di contadini americani anche loro alle prese con la dimensione morale di come allevare animali destinati al macello. Si fa invece la conoscenza di tre giovani allevatori di capre e del loro modo di vivere un rapporto fisico ed emotivo con la terra in Boone di Christopher LaMarca, mentre in Atlantic il regista irlandese Risteard Ó Domhnaill traccia un profilo, con la voce narrante dell’attore e connazionale Brendan Gleeson, di tre piccole comunità di pescatori unite e separate dall’Oceano Atlantico e in lotta per mantenere i loro stili di vita di fronte alle sempre maggiori sfide economiche e ecologiche. Ó Domhnaill concentra il suo sguardo su un pescatore norvegese, uno irlandese e uno di Terranova per esplorare come le odierne comunità moderne debbano imparare dal passato per garantirsi un presente e un futuro dignitosi.
Il celebre cineasta ceco Peter Svatek in Theater of Life racconta con il suo sguardo originale un esperimento sociale realizzato a Milano in occasione di Expo 2015. Ovvero, come l’alta cucina e chef rinomati a livello mondiale abbiano incontrato i gruppi sociali più svantaggiati della metropoli: rifugiati, drogati, ex prostitute, persone senza casa. Ovvero, come trasformare cibo destinato alla spazzatura in piatti nutrienti da destinare a quelle donne e uomini senza nome relegate in condizioni invivibili.
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