Quando lo schermo si riduce a 4:3 e la prima inquadratura in bianco e nero ritrae il viso segnato di un musicista di strada che intona una canzone popolare polacca, non è difficile riconoscere lo stile personale e suggestivo di Pawel Pawlikowski. Dopo aver narrato l’amore per Dio nel precedente capolavoro Ida, il regista polacco si concentra sull’amore impossibile tra due artisti, protagonisti di Cold War, il film in concorso alla 71° edizione del Festival di Cannes, presentato in anteprima alla kermesse.
Cold War: la trama del film in concorso a Cannes 2018
Negli anni della Guerra Fredda Zula e Wiktor, un pianista e una cantante, interpretati da Joanna Kulig e Tomasz Kot, si innamorano perdutamente. Basta uno scambio di sguardi per accendere la passione che diventa ben presto travolgente, ma il periodo storico e politico in cui vivono non rende facile la loro storia d’amore, fatta di continue separazioni e inseguimenti tra Polonia, Francia, Germania e la Iugoslavia. Fin dai primi momenti si avverte l’influenza della dittatura comunista, mentre il paesaggio intorno comunica l’austerità e il dolore di una società soffocata dal potere. Una costante però resta la musica, che il regista rende come una vera e propria co-protagonista. Dai cori popolari che trasmettono solennità e malinconia, celebrando la cultura del suo paese, alle canzoni dal ritmo jazz e più occidentali, che costruiscono una dimensione romantica e poetica in cui è immersa la storia. Il senso di festa e leggerezza dei Mazowsze (canti e danze popolari della Polonia) viene interrotto più volte dall’amarezza di un amore impossibile nato per caso e seguace dell’istinto. Perchè Pawlikoswki è un regista amante dei contrasti, non solo di colore, ma di emozioni e pensieri. Nei suoi film la bellezza viene partorita dal caos e dall'instabilità.
Cold War: cuori in tumulto durante la Guerra Fredda
Qualcuno potrebbe definirlo il cugino russo di La La Land, ma Cold War ha una sua identità ben precisa, forte di un folklore e di una cultura che il regista ci tiene a far conoscere al resto del mondo, sotto la lente della sua visione intensa e vibrante. Il contrasto tra il sentimento puro che lega i due protagonisti e il severo contesto in cui essi si muovono e cercano di portare avanti la loro vita insieme, è il cuore pulsante di una sceneggiatura lineare e dinamica, curata nel dettaglio. Joanna Kulig regala un personaggio femminile intrigante e determinato, tra una provocante Lolita e una femme fatale che sacrifica tutto per amore, mentre Tomasz Kot impone la sua presenza affascinante nei panni di un musicista bohémien che rincorre un sogno, pur avendo la consapevolezza delle difficoltà che dovrà affrontare. Il cast è il cuore pulsante del film, anche per la natura di questi personaggi ben scritti, e custodi di cuori in tumulto e idee contrastanti. Entrambi gli attori utilizzano la propria espressività con naturalezza, per un'empatia immediata che non risente dei dialoghi ridotti al minimo. Zula e Wiktor vengono da mondi diversi, e hanno un passato diverso che ha formato il loro carattere e il loro cuore, ma il destino li ha fatti incontrare, dandogli la responsabilità di un sentimento sincero ma contrastato dall'esterno.
Pawlikowski sfrutta molte occasioni per trasmettere al pubblico la minaccia e l’ombra della guerra, dai volti sofferenti e impauriti, alle feste equivoche con i soldati in licenza, e distese deserte e innevate che diventano scenari di tragedie e ingiustizie. Chiaro il sottotesto politico presente per tutto il corso della storia, con i manifesti di Stalin, una rigida organizzazione delle manifestazioni culturali che imitano la propaganda, e precari equilibri verbali che animano i dialoghi tra i vari personaggi. La storia, tuttavia, insegue anche una certa imprevedibilità, anche data da un montaggio serrato e puntuale, che offre delle pause a schermo nero, come se lo spettatore avesse bisogno di fermarsi un attimo a riflettere sulla sequenza vissuta per poter andare avanti e comprendere al meglio il finale struggente. Alla base di Cold War c’è sicuramente l’identità culturale di un popolo che ha respirato fatica, sudore e pazienza negli anni compresi dal 1949 a metà degli anni ’60, ma Pawlikowski realizza il suo personalissimo musical drammatico e intimo, in grado di colpire un pubblico vasto ed eterogeneo.
Cold War: estetica incantevole
La vera forza di Cold War, tuttavia, è la veste estetica. Ogni inquadratura ha il fascino di un’opera d’arte, una pittura a olio con una sua anima irrequieta, grazie ad una fotografia suggestiva curata da Lukasz Zal, in cui c’è un costante gioco di luci e ombre e il bianco e nero sembra essere più vivido di un film a colori. Il regista russo riesce a portare sullo schermo un melodramma emozionante, veicolo di una poetica originale e dirompente che travolge lo spettatore. “Cold War è un film molto classico, forse anche al di là di quanto non lo sia io, in fondo sono cresciuto con il cinema degli anni Cinquanta e Sessanta. Certo, volevo fare un film senza cellulari, una storia in cui ancora ci si guarda, si deve aspettare, non si è mai distratti” ha spiegato il regista durante la conferenza stampa di Cannes 2018, aggiungendo: “State tranquilli, non è certo la nostalgia dello stalinismo che mi porta così indietro nel tempo, ma piuttosto il rimpianto di come si viveva allora".
A fine film appare la dedica del regista ai suoi genitori scomparsi, poiché come lui stesso ha affermato davanti alla stampa internazionale: "Mi sono ispirato a loro perché la loro storia d'amore è stata tempestosa. Si sono lasciati e ripresi mille volte e questo attraversando paesi e città”. Cold War risulta comunque verosimile, ma se si pensa al coinvolgimento diretto dell’autore, tutto rientra in un ritratto umile e sentito di una relazione complice, ardente e impulsiva. Pawlikowski ha vinto con Ida il premio Oscar come miglior film straniero, e questo suo nuovo lavoro ha conquistato il pubblico e la critica del festival di Cannes 2018, pertanto possiamo immaginare una nuova conferma del suo talento, magari ai prossimi Academy Awards 2019. Sicuramente si è distinto sulla croisette.
Voto: 8
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