Golda è uno dei film più attesi della prossima stagione. Nel biopic Helen Mirren diventa Golda Meir, la politica israeliana laburista che fu ministro degli Esteri e primo ministro dal 1969 al 1974, nel difficile periodo della guerra del Kippur. Le prime immagini del film diffuse dai distributori di Bleecker Street hanno scatenato una feroce polemica: Golda è accusato di "Jewface", ovvero di ricorrere ad un trucco scenico che perpetua stereotipi discriminatori e razzisti sugli ebrei.
Helen Mirren Golda Meir: scoppia la polemica
Golda non è stato certo realizzato da pericolosi antisionisti. Il regista è l'israeliano Guy Nattiv, autore dell'acclamato Skin, la ricostruzione della storia vera di Bryon Minder (a interpretarlo è Jamie Bell), l'ex skinhead suprematista che ha cambiato vita e si è cancellato tutte le svastiche che si era tatuato sul corpo. Il copione è di Nicholas Martin, lo sceneggiatore britannico di Florence Foster Jenkins che in passato ha lavorato con il festival UK Jewish Film.
Nonostante queste premesse, il casting della non ebrea Helen Mirren per interpretare una delle più importanti figure storiche ebree e il make-up ammirato negli scatti apparsi sui social hanno sollevato un polverone. Poco importa che Golda sia stato annunciato come un thriller che racconterà le dolorose e controverse decisioni che la politica fu chiamata a prendere durante il conflitto arabo-israeliano.
L'attrice ebrea britannica Maureen Lipman è stata la prima a parlare di "Jewface", dicendosi certa che la Mirren "sarà meravigliosa", ma altrettanto sicura che "non sarebbe mai permesso a Ben Kingsley di interpretare Nelson Mandela". La questione dell'etnicità e dell'approccio "caricaturale" alla rappresentazione degli ebrei è stata affrontata pure da Sarah Silverman in un episodio del suo seguitissimo podcast, dal comico David Baddiel, che ha attaccato apertamente chi sostiene che "gli ebrei gestiscono lo show business e sono dappertutto", e dall'editor Malina Saval in un durissimo editoriale apparso sul magazine Variety.
Golda Meir, film sulla sua biografia lancia il "Jewface"
La lista degli attori non ebrei che negli ultimi tempi hanno interpretato personaggio ebrei è lunghissima. Si va da Gary Oldman nel ruolo di Herman J. Mankiewicz in Mank a Felicity Jones nei panni di Ruth Bader Ginsburg in Una giusta causa, passando per la Joan Rivers di Kathryn Hahn nella serie The Comeback Girl e Oscar Isaac più volte usato per personaggi ebrei, come l'agente del Mossad di Operation Finale e il Jonathan del remake di Scene da un matrimonio di Hagai Levi.
Proprio Hagai Levi, sentito da Variety in merito alla questione, minimizza la faccenda. Quando deve scegliere un attore, confessa, non prende mai in considerazione la sua etnia. "Se mi limitassi a scegliere soltanto attori ebrei, dove andrei a finire?", si domanda il creatore di In Treatment e The Affair.
La pensa diversamente Tracy Ann Oberman. L'attrice chiede lo stesso rispetto riservato alle comunità nera, asiatica e nativa e denuncia il doppio standard dominante: ne è un esempio la discussione nata quando l'israeliana Gal Gadot è stata annunciata come futura Cleopatra e le critiche ricevute da Maureen Lipman per le sue parole. "Gli ebrei devono avere lo stesso rispetto, sensibilità e considerazione di ogni altra minoranza quando si tratta di raccontare le loro storie", chiede a gran voce Oberman.
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