Passato a Giffoni e alla Festa del Cinema di Roma, Il ragazzo dai pantaloni rosa non piace a un gruppo di ragazzi romani e ai genitori di una scuola media di Treviso. Il film tratto dal libro autobiografico di Teresa Manes e basato sulla storia vera di Andrea Spezzacatena, il 15enne romano vittima di bullismo e cyberbullismo che nel 2012 si è tolto la vita, non è andato giù a queste persone che hanno protestato con la dirigente, sostenendo che l'opera (al cinema dal 7 novembre) possa avere influssi "negativi" sui loro figli.
Il ragazzo dai pantaloni rosa adatto ai bambini? No a Treviso
La proiezione del film di Margherita Ferri era prevista il 4 novembre, in vista dell'uscita in sala, ma alcune famiglie hanno chiesto di evitare la partecipazione di ragazze e ragazzi. La preside ha accolto la richiesta, pur precisando che l'evento è stato solo sospeso temporaneamente. Non è andata meglio alla proiezione del 24 ottobre scorso ad Alice nella Città a Roma: durante il film degli studenti hanno commentato con gridolini, risatine, applausi di scherno, frasi omofobe e offensive come "fro...", "gay di mer.." e "ma quando s'ammazza".
"Evitare di confrontarsi su questi argomenti – ha dichiarato Mario Conte, il sindaco di Treviso – non credo sia la soluzione. Omofobia, depressione, suicidi sono, ahimè, molto attuali nella società. Dispiace quello che è successo a Treviso, ma preoccupano anche le reazioni omofobe di Roma: due situazioni che devono far riflettere tutta la nostra comunità".
Il ragazzo dai pantaloni rosa, la mamma di Andrea replica agli hater
"Ho sentito la direttrice dell'ufficio scolastico regionale, dr. Anna Paola Sabatini, e ho chiesto di attivarsi per conoscere chi siano i responsabili di questi comportamenti vigliacchi e squallidi – ha scritto sui social il ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, in merito a quanto accaduto a Roma –. Rinnovo la mia vicinanza e solidarietà alla mamma di Andrea. Il bullismo va contrastato con la massima severità. Appena saranno noti i nomi dei responsabili, andrò nella loro scuola perché voglio incontrarli personalmente".
"La rabbia è un'emozione che non mi appartiene – ha replicato sempre sui social Teresa Manes, la madre di Andrea –. Pure il senso d'impotenza ho scoperto col tempo essere uno stato a me ignoto. Credo però fermamente che noi adulti dobbiamo essere esempio e guida per le nuove generazioni".
Quegli insulti erano sorretti dall'impalcatura della indifferenza che è la forma più subdola della violenza. Io non so se dietro quel gruppo rumoroso c'è l'assenza di quella educazione primaria che spetta alla famiglia. Il bisogno di affiliazione e, dunque, la necessità di fare parte di un gruppo può portare, specie in età adolescenziale, a fare o a dire cose che un genitore magari manco immaginerebbe mai dal proprio figlio. Ma in quel contesto, anch'esso educativo, chi ha fallito è stato quell'adulto, incapace di gestire la situazione e rimettere ordine, probabilmente non avendo avuto tempo o voglia di preparare la platea dei partecipanti. Venendo, comunque, meno all'esercizio del ruolo che ricopre. Si parla di educare all'empatia e ci si mostra incapaci di farlo, permettendo di calpestare in modo impietoso la memoria di chi non c'è più e, soprattutto, un'attività di sensibilizzazione collettiva, portata avanti da chi ci crede ostinatamente.
Foto: Eagle Pictures
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