È un Michele Placido scatenato quello che è arrivato all'edizione 2024 del Torino Film Festival per celebrare in compagnia di Ornella Muti i cinquant'anni di Romanzo popolare di Mario Monicelli. L'attore e regista pugliese, 78 anni, è stato stuzzicato in conferenza stampa su presente e futuro del festival piemontese, passato dalla direzione artistica di Steve Della Casa a quella (discussa) di Giulio Base.
Michele Placido e il cinema d'autore: "Ci ha rotto i…"
"Qui a Torino è nato il cinema. La sala Romano si chiamava fratelli Lumiere già agli inizi del Novecento. Qui è nata anche la televisione. A Torino si registravano gli sceneggiati. Poi gli hanno tolto tutto e meno male che quest'anno c'è Giulio Base e la sua grande Tiziana (Rocca, organizzatrice di eventi e moglie di Base, ndr)", ha dichiarato Placido.
Tempo fa alcuni amici mi hanno chiesto un parere su Base direttore e io ho detto che è l'unico che può far tornare Torino com'era agli inizi del Novecento. Tiziana e Giulio porteranno il glamour. Altroché la lagna di chi dice che il Torino Film Festival perde la sua natura: ma se non ci veniva più nessuno! Questa polemica esiste perché siamo sempre ideologici in Italia. Ora non dico che diventerà il più importante festival italiano, ma qui arriva il glamour, perché il cinema è glamour. E basta con questi autori che ci hanno rotto i coglioni! Guido Gozzano diceva che il cinema è arte popolare, mentre il teatro è l'arte degli intellettuali.
Michele Placido al Centro Sperimentale? La sua replica
Non contento, Michele Placido ha anche detto la sua su una possibile nomina alla presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ruolo vacante da settimane dopo le dimissioni irrevocabili di Sergio Castellitto. "Io non sono né un bravo dirigente e né un buon organizzatore, ma lancio comunque un appello al ministro. Al CSC bisognerebbe fare una riforma e creare due ruoli da presidente: uno deve essere un manager e l'altro deve assumere la guida artistica", ha spiegato l'attore.
Una volta al Centro Sperimentale insegnavano i registi. Quando entrai io c'era Luchino Visconti e a me chiese di rifare una scena di Rocco e i suoi fratelli perché gli ricordavo Alain Delon. Ad ogni modo non rifiuto in assoluto incarichi, peraltro gratuiti. Cinque anni fa mi chiamò uno della Lega di Ferrara e mi disse: 'La vorremmo come presidente del Teatro di Ferrara'. Io gli risposi: 'Guardi, politicamente io la penso in maniera diversa da lei'. Ma lui rispose che aveva letto il mio curriculum. Era un incarico chiesto fuori dalle ideologie e da cinque anni sono presidente di quel teatro.
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