Nessuno come George A. Romero ha saputo raccontare al cinema i morti viventi. Perché li ha amati, compresi, offrendo a quella folla in continuo movimento (ma con lentezza, senza le accelerazioni, le corse che sono diventate una costante dei remake e di altri film con zombi realizzati da vari registi in anni recenti) uno sguardo innamorato, cogliendo di ogni morto che cammina nella sua erranza senza fine sulla Terra i segni di vite, di biografiespezzate.
Agli zombi, il cineasta di Pittsburgh ha dedicato gran parte della sua filmografia. Quelle creature che risorgono dalle tombe attraversano, scandiscono l’opera di uno dei massimi autori dell’horror contemporaneo (insieme a John Carpenter, Wes Craven, Tobe Hooper, David Cronenberg…), venata di un discorso critico spietato sulla società, e sul suo evolversi nel corso del tempo. Dal 1968, data non casuale, al 2009 Romero ha costruito una saga innovativa sia per l’alto valore artistico sia per la puntigliosa registrazione delle mutazioni di un mondo sempre più alla deriva, del quale i morti viventi rappresentano la ribellione. Essi sono i nuovi dannati della Terra e, di film in film, e sempre di più, sono stanchi, furiosi, decisi a riprendersi quello che i potenti, le multinazionali, il capitalismo, gli interessi politici più biechi hanno sottratto loro.
In quarant’anni, Romero ha firmato sei lungometraggi con questa massa di corpi anonimi, che si possono idealmente dividere in due trilogie. La prima, composta dei film più celebri che, nei titoli originali e in due di quelli italiani, ben esemplificano l’avanzare degli zombi in tre determinanti fasi di una giornata (la notte, l’alba, il giorno): La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968), Zombi (Dawn of the Dead, 1978), Il giorno degli zombi (Day of the Dead, 1985). La seconda, ancor più disperata di fronte al baratro nel quale l’essere umano si è conficcato, e inoltre aperta a una riflessione sul cinema, sull’uso delle nuove forme di comunicazione, delle videocamere digitali ovunque accese, comprende La terra dei morti viventi (Land of the Dead, 2005), Le cronache dei morti viventi (Diary of the Dead, 2007), Survival of the Dead - L’isola dei sopravvissuti (Survival of the Dead, 2009), a oggi l’ultimo film di Romero. Da notare come, nei titoli originali, non sia mai presente il termine “zombi”, introdotto nella versione italiana in anni in cui si moltiplicava questo sotto-genere dell’horror identificabile in quella parola chiave (vi furono anche i capolavori di Lucio Fulci).
Una maratona horror insieme alle creature inventate da George A. Romero è quindi una smagliante alternativa per trascorrere un Capodanno non convenzionale. Non solo tutti i sei film sono reperibili, ma Zombi, la cui complicata vita produttiva ha dato origine a tre versioni, è dal mese di novembre 2016 disponibile in un cofanetto in blu ray e in alta definizione contenente le tre versioni e una notevole quantità di materiali extra. All’origine c’è il restauro in 4K della versione di Zombi montata e curata all’epoca da Dario Argento per il mercato europeo con le musiche dei Goblin, presentata in anteprima mondiale alla Mostra del cinema di Venezia venerdì 2 settembre 2016 nella sezione “Venezia Classici”. Delle tre, quella europea di 118 minuti è la più nota. Ma quale meraviglia sarà andare alla scoperta delle altre due: la Extended Version di 139 minuti mostrata alla première al festival di Cannes del 1978 e la Theatrical Version di 127 minuti voluta da Romero e proiettata negli Stati Uniti nel 1979.
Ne La terra dei morti viventi, uno degli umani che, con pochi altri compagni di lotta, si è salvato dal massacro e decide di smettere il tiro al bersaglio contro gli zombi, a proposito dei morti viventi afferma: “Stanno cercando un posto dove andare, proprio come noi”. Una frase miliare, estendibile a tutta la saga.
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