Dall’eleganza e charme innati, eclettica, la parigina Isabelle Huppert ha lavorato dagli anni ’70 con i più grandi nomi del cinema internazionale. Per citarne solo alcuni, Godard, Chabrol, Haneke, Ferreri, Cimino, Taviani e Bellocchio hanno diretto la Huppert, spaziando dalla commedia al dramma sentimentale e storico, trasformata eppure sempre sé stessa, film dopo film.
Impossibile parlare di ognuno dei settantacinque film finora approdati nelle sale, facciamo perciò una panoramica sulle migliori interpretazioni drammatiche della Huppert.
Michael Haneke dirige la Huppert in tre film. La pianista (La pianiste, 2001), un dramma sulla sofferenza umana, un dramma sul sentimento perverso di un’insegnante di piano, sessualmente repressa – di facile lettura freudiana nel rapporto con la madre – che instaura con un allievo una relazione ossessiva, sadico-masochistica, nella quale lei anela alla sottomissione e che la condurrà alla sua crudele fine. Ne Il tempo dei lupi (Le temps du loup, 2003), la Huppert è madre e moglie vedova di un marito assassinato con un semplice gesto, un solo sparo dagli effetti stranianti, tipici del cinema di Haneke. Da qui ha inizio l’odissea della protagonista e dei suoi figli, reduci in un mondo dove l’apocalisse marcia con l’umanità completamente disumanizzata e resa catatonica. In Amour (Id. 2013) vediamo la nostra parigina nelle vesti della figlia, Eve, di un uomo e una donna alla fine del l’oro puro, quotidiano ed esile sentimento d’amore. La fine del legame più comune e più unico avviene nella maniera più banale, comune e proprio per questo atroce: la malattia. Ognuna delle tre pellicole vale alla Huppert premi (La pianista e Il tempo dei lupi) e nomination come migliore interprete femminile.
Claude Chabrol firma ben otto pellicole alle quali prende parte la Huppert. Uno su tutti, Il buio nella mente (La cérémonie, 1995), storia di una amicizia osteggiata, di passati torbidi e di suspense, che vale alla protagonista il premio come Migliore interpretazione femminile alla mostra del cinema di Venezia e il premio César come Migliore attrice protagonista.
La Huppert approda nel cinema orientale, per la precisione sudcoreano, con In another country (Id., 2012) di Sang-soo Hong. Un’incursione nel mondo surreale di una donna che fugge a causa di debiti, alle prese con una sceneggiatura avente per protagoniste tre donne francesi, tutte di nome Anne. Le tre Anne, in differenti momenti, fanno le sesse cose, visitano gli stessi luoghi confrontandosi con quelli che paiono gli stereotipi, tragicomici e perturbanti, coreani.
Chiudiamo la breve panoramica con Storia di Piera (Id, 1983). Una pellicola italiana, opera di Marco Ferreri che narra la vita di Piera, dall’infanzia difficile, segnata dalla malattia mentale della madre e del padre, alla giovinezza con i suoi turbamenti sentimentali e sessuali, fino all’età adulta con la professione d’attrice. Un racconto immobile e circolare, tratto dall’omonimo romano di Dacia Maraini e Piera Degli Esposti.
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