The last laugh è un film “ironico” sull’Olocausto, in cui non mancano battute scomode, dichiarazioni sarcastiche affidate alla comica americana Sarah Silverman, ebrea di origini polacche e russe, esperta in sketch iconoclasti. Il film appartiene al genere documentario, e infatti le ambientazioni sono quelle originali.
In Italia c’è stata, al momentom una sola anteprima del film, durante la Festa del cinema di Roma, ma le critiche non sono poche. D’altra parte non è facile girare un film su un tema così delicato come l’Olocausto e, anche se le battute vengono pronunciate da un’attrice israelita, è comunque un pugno nello stomaco rivedere certi luoghi, che subito riportano il pensiero a crudeltà immani e a scene violente di uno sterminio avvenuto nemmeno troppi anni fa.
Il titolo non è molto originale, perché esistono anche un film di Friedrich Wilhelm Murnau (1924) e una canzone di Mark Knopfler on lo stesso nome, ma nel documentario di quasi 90 minuti la regista Pearlstein prova a trattare l’Olocausto come una materia di umorismo, con molti sketch comici. Riuscirà nel suo intento o resterà incompresa? Le location del film sono le stesse cui avvenne lo sterminio sistematico degli ebrei ad opera di Adolf Hitler, in cui si intrecciano testimonianze toccanti, frammenti di spettacoli dal vivo, interviste a importanti registi, autori, attori.
Si parla anche de “La vita è bella” di Roberto Benigni, premiato con l’Oscar, ma contestato negli anni da alcune comunità ebraiche per il punto di vista adottato e lo stesso Mel Brooks lo addita come “il peggior film mai fatto”. C’è da dire, però, che Brooks nei suoi film si era sempre fermato alle porte del lager, ritenendo impossibile fare ironia e far ridere su ciò che avveniva dentro quei luoghi di morte.
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