C’era lei e questo per qualcuno sarebbe bastato, Léa Seydoux, bellissima, però non ha accompagnato il film in concorso di cui è protagonista, Journal d’une femme de chambre (Il diario di una cameriera) preferendo restarsene a Londra in collegamento via e solo per mandare dei saluit. Grazie. In quel di Albione Léa è impegnata sul set del nuovo James Bond di Sam Mandes (che in parte sarà ambientato anche a Roma) e lasciando soli a difendere il film il regista Benoit Jacquot e l’attore Vincent Lindon. Intanto se a qualcuno il titolo fa venire in mente qualche altro film possiamo dire di stare tranquilli, infatti è così: Jacquot, il quale ha dichiarato di non temere confronti, si è ispirato al romanzo di Octave Mirbeau dal quale anche un certo Jean Renoir e un altro tale di nome Luis Buñuel hanno tratto dei loro film. Coraggioso questo Jacquot che però con in festival non ha molta fortuna, basta ricordarsi di Tre cuori passato in qualche edizione precedente a Venezia, però no, meglio non ricordarsene e sarebbe meglio fare lo stesso anche con questo Il diario di una cameriera, abbastanza penoso e salvabile solo per una messa in scena sontuosa. Ma non basta la bellezza della Seydoux per salvare la baracca, tant’è che l’attrice si è sottratta anche alla passerella.
Partenza non entusiasmate per questa Berlinale, con i primi film in concorso visti, i quali hanno regalato poche emozioni e accoglienze gelide. Ha fatto la differenza invece il messicano, opera prima, Ixcanul di Jayro Bustamante, film crudo ed ferocemente realista ambientato in una piantagione di caffè del Guatemala ai piedi di un vulcano. Qui vive una popolazione Maya alla quale appartiene la giovane Maria, una ragazza che sogna una vita diversa e che solo attraverso proprio quella natura che lei crede essere la sua carceriera comincerà a diventare una donna.
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