Due giorni, una notte è il titolo del film dei due fratelli più conosciuti ed amati del cinema belga, i fratelli Dardenne, presentato all'ultimo Festival di Cannes dove hanno già trionfato due volte ricevendo la Palma d'oro per Rosetta (nel 1999) e L'enfant (nel 2005).
Durante un'intervista spiegano:
"Ogni giorno, in Belgio come in altri Paesi, sentiamo parlare dell'ossessione per la prestazione nel lavoro e della violenta istigazione alla competizione tra i dipendenti. Siamo partiti da lì e abbiamo deciso di sviluppare la storia di una persona che sta per essere licenziata con il consenso della maggior parte dei suoi colleghi di lavoro".
La protagonista del film è Sandra (Marion Cotillard) viene esclusa perché considerata debole ed incapace di fornire prestazioni sufficientemente elevate. È disperata, ingurgita pillole come fossero caramelle, ma decide di non arrendersi perché sa di avere dalla sua due figli molto piccoli che capiscono perfettamente che c'è qualcosa che non va e, soprattutto, perché sa di avere un marito che l'adora e che nei momenti più difficili, oltre a dirle che la ama, le ricorda che esiste.
Raccontandoci di Sandra, i fratelli Dardenne hanno voluto parlare di solidarietà:
"E'un valore che esiste da secoli, ma che purtroppo, con la crisi economica, con la paura di perdere il lavoro che hanno chi un lavoro ce l'ha e con l'idea imperante di riuscire a farcela da soli, è venuta meno. E' una donna in difficoltà che arriva a cambiare il corso delle cose".
Per la prima volta in un loro film, poi, c'è un'attrice famosa, Marion Cotillard e spiegano il perchè di questa scelta:
"Ci ha subito conquistati, volevamo farla entrare nella nostra famiglia ed è stata lei a volerci entrare. Sul set c'è stata una sintonia immediata."
I fratelli Dardenne ci raccontano come hanno deciso di conoscere i diversi attori:
"E' stato fondamentale passare cinque settimane insieme agli attori prima delle riprese. In quei giorni li abbiamo messi a nudo facendogli perdere le loro difese per far emergere i loro aspetti più veri. Non è vero, come sostiene qualcuno, che ripetere tante volte le scene e le situazioni faccia perdere la spontaneità: questo permette invece agli attori di essere più liberi".
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