Sean Penn è stato di persona in Ucraina per filmare ciò che sta accadendo dall'inizio del conflitto con la Russia. Prima di fuggire in Polonia, l'attore e regista è stato "sul campo" a Kiev per girare un documentario prodotto da Vice e Endeavor Content. Un gesto coraggioso, alimentato da posizioni che spingono il governo Biden ad andare ben oltre le sanzioni e intervenire direttamente con le armi. A Hollywood, tuttavia, l'attivismo di Penn non convince tutti.
Sean Penn, Ucraina "non ha bisogno del suo fervore"
Il critico Owen Gleiberman ha scritto un editoriale su Variety (non certo un giornale conservatore) nel quale critica ferocemente Penn. L'attore interpreta un ruolo che "non gli sta molto bene: quello del cittadino americano che si preoccupa della guerra in Ucraina più di te". Quando è stato fotografato a colloquio con il presidente Zelensky, è apparso con i capelli posticci, la giacca verde dell'esercito, lo "sguardo da Metodo, perso nel vuoto" e voce da sigaretta "sul punto di incrinarsi letteralmente in ogni frase".
Gleiberman precisa che Penn "è un grande attore e il suo messaggio è chiaro: sa qual è la posta in gioco". È una persona che "passa all'azione" e per la quale ha "un'incredibile ammirazione nel suo ruolo di attivista, in particolare la sua missione per migliorare la vita della gente di Haiti colpita dal catastrofico terremoto del 2010". Andando in Ucraina, Penn si è preso "seri rischi". Ma il suo "solenne fervore" è fuori luogo. Il critico paragona Penn a uno degli otto senatori descritti da John Fitzgerald Kennedy in Ritratti del coraggio, il libro sul suo servizio in Vietnam: "Penn fa sembrare Zelensky il suo migliore amico in quanto a coraggio".
Il problema non è il personaggio che si è costruito ma quello che dice, come accaduto il 25 febbraio. In quell'occasione, presentandosi come "un mix di Lincoln, Roosevelt e JFK", Penn ha detto che l'Ucraina "è la punta della lancia per l'abbraccio democratico dei sogni e se le permettiamo di combattere da sola, la nostra anima come America è persa". Gleiberman è scettico: gli Stati Uniti non possono "mettere le truppe in campo" perché "i rischi sono troppo grandi e Putin è troppo una mina vagante".
E chi, per inciso, andrebbe in guerra? I figli di Sean Penn? I vostri? I miei?
Sean Penn, documentario in Ucraina è "spettacolo da attore"
Ancor più clamore hanno sollevato le affermazioni di Penn poco prima della Notte degli Oscar, quando è cominciata a circolare la voce che il presidente ucraino potesse apparire in collegamento, invitato a parlare dalla conduttrice Amy Schumer. Quando l'indiscrezione è tramontata, Penn ha invitato a boicottare la cerimonia definendo il mancato invito "il momento più osceno in tutta la storia di Hollywood" e promettendo di fondere in pubblico i due Oscar che ha vinto come segno di protesta.
Gleiberman si domanda se tutto ciò sia più osceno di tante altre "oscenità" che si sono viste nel corso degli anni.
Più osceno della lista nera degli anni '50? Più osceno del razzismo di Nascita di una nazione? Della rivelazione della mostruosità di Harvey Weinstein, da lungo tempo autorizzata? Del fatto che Il giro del mondo in 80 giorni ha vinto come miglior film? Se Sean Penn fonderà mai i suoi Oscar in pubblico, voglio un posto in prima fila.
Il critico aggiunge che Penn, pur avendo girato un documentario in Ucraina, "non possiede alcuna conoscenza speciale della logistica o delle dimensioni etiche che definiscono questa guerra". Ciò che ha è "il suo autoproclamato fervore, che in questo caso sembra inseparabile dallo spettacolo che coltiva istintivamente come attore".
Se è semplicemente d'accordo con l'attuale politica americana, allora non ha alcun senso che se ne faccia portavoce.
L'attore e regista è ammirevole perché si impegna e vuole fare la differenza, ma ormai è diventato "auto-glorificante": è come se desiderasse un'escalation del conflitto "perché è la strategia che meglio esprime il fervore del suo impegno". Penn rappresenta quel che gli ha rimproverato il conduttore di Fox News Sean Hannity: i democratici che iniziano guerre (come il Vietnam e l'Afghanistan) che non hanno lo stomaco di finire.
E francamente, non voglio vedere un attore, non importa quanto valorosi siano stati i suoi sforzi nell'aiuto umanitario, sostenere politiche che potrebbero portarci più vicini a un conflitto nucleare, tutto perché lo fa sentire come se stesse cogliendo l'attimo.
Penn dovrebbe darsi una calmata e "cominciare a comportarsi un po' meno come se fosse in un film".
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