Da sempre impegnato socialmente e politicamente, Andrea Segre, giovane regista e documentarista italiano, continua la sua ricerca di nuovi modi per approcciarsi al pubblico attraverso il mezzo cinematografico. Una continua ricerca che ha scaturito la nascita di un laboratorio vero e proprio, ZaLab, dal quale è nata l’idea di L’ordine delle cose, un esperimento di “cinema partecipato”. Ecco alcune curiosità su uno dei registi più “attenti” di questi ultimi anni.
Gli esordi di Andrea Segre
Classe 1976, Andrea Segre consegue un dottorato di ricerca in Sociologia della Comunicazione presso l’Università di Bologna. In lui è sempre stato vivo un gran bisogno di comunicare e il cinema, soprattutto quello documentario, si è prestato sempre molto bene a questo fine. Il primo lavoro del giovane regista risale al 1998, quando, all’età di 32 anni realizza il documentario Lo sterminio dei popoli zingari, seguito poi, l’anno successivo da Berlino ’89-’99 – Il muro nella testa. Dal 2000 in poi, Segre ha realizzato quasi un lavoro all’anno, alternandosi tra cinema documentario e fiction. L’ordine delle cose, sua ultima fatica, è forse la summa di una continua ricerca espressiva, che lega e accomuna tutte le sue opere.
L’ordine delle cose: il “cinema partecipato”
L’obiettivo di Andrea Segre e di ZaLab è di rendere gli spettatori un pubblico attivo, che possa partecipare e dialogare con il film. Il regista e i suoi collaboratori cercano sempre di esprimere le proprie idee mettendosi nei panni di chi la pensa diversamente, proprio come il protagonista di L’ordine delle cose, un alto funzionario del Ministero degli Interni, il cui compito è di bloccare i flussi migratori. In questo modo, il regista dà la possibilità al pubblico e a se stesso di comprendere il pensiero degli “antagonisti”, facendosi, così, un’opinione dei fatti più completa.
Il cinema sociale di Andrea Segre è sicuramente anche “educativo”: il suo obiettivo è sempre quello di spingere gli spettatori a riflettere su ciò che accade attorno a noi. La sua presenza e il suo lavoro non possono che arricchire il cinema italiano.
Fonte foto copertina: facebook.com/segreandrea/
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