Forse non tutti sanno che questo film non è altro che un remake del capolavoro diretto da Friedrich Wihelm Murnau dal titolo “Nosferatu il Vampiro” (1922) e che la storia è in definitiva ispirata al famoso romanzo “Dracula” di Bram Stoker pubblicato nel 1897 e per questo, differenza di Murnau che non potè farlo, Herzog usa in nomi originali del romanzo di Stoker poiché i diritti d’autore erano scaduti. Rispetto al suo precedente vengono mantenute quasi tutte le sequenze, ad eccezione di alcune che vengono eliminare come ad esempio quella che si svolge nel manicomio.
Come in tutti i film d’autore che si rispettino anche il regista compare in una scena: quella in cui il personaggio che doganiere ispeziona le bare in quanto nessun altro membro del cast avrebbe avuto il coraggio di toccare i topi (che per altro nella pellicola sono undici mila cavie importate dalla Ungheria).
Se era stato difficile ottenere i permessi per i topi, altrettanto difficile è stato per poter riprodurre fedelmente i cadaveri conservati nel Museo de Las Momias di Guanajuato in Messico, dove grazie al clima secco e arido i corpi si dissecano autonomamente. Rimanendo nell’ambito delle cause della morte è curioso scoprire come l’introduzione della peste sia dovuta ad un’antica tradizione presente nei Balcani secondo la quale i vampiri avrebbero causato l’epidemia di Spagnola quattro anni prima dell’uscita del primo libro.
Il successo è stato planetario per questo film, forse grazie alla sua colonna sonora costituita musiche per coro, orchestra e sintetizzatore di Florian Fricke, frontman dei Popol Vuh, tanto che di questo venne realizzata una versione inglese e una in tedesco, interpretata dagli stessi attori riprendendo le battute nelle diverse lingue.
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