François Ozon un anno dopo il successo del suo apprezzato Otto donne e un mistero, presenta al pubblico della 56° edizione del Festival di Cannes la sua ultima creatura Swimming pool con Ludivine Sagnier e Charlotte Rampling, due note attrici del panorama francese attorno alle cui differenze il regista costruisce una pellicola seducente e apparentemente lineare almeno sino all’ambigua conclusione. Il finale aperto vede infatti intrecciarsi realtà e fantasia, allucinazioni e letteratura non facilmente districabili. Sarah Morton affermata e commerciale scrittrice non riesce a ritrovare la vecchia cara ispirazione e per superare la crisi da pagina bianca, accetta l’offerta di trasferirsi nella silenziosa villa del suo amante/editore dove incontrerà Julie la figlia, finora nascosta, disinibita e provocante. In un alternarsi di piani sempre sull’orlo dell’erotismo, si arriva a capire che tutto è finzione, che la passione non è mai sbocciata se non tra le pagine del libro che scrive Sarah grazie all’idealizzazione della giovane e goffa ragazza Julia, vera e nota figlia di lui, che vediamo estranea e distaccata nell’ultima scena. Ma questa è solo la più probabile delle interpretazioni possibili, non dobbiamo trascurare infatti che anche Julie ama scrivere in un diario che tiene segreto e alcune scene come quella in cui Sarah adesca l’anziano giardiniere sembrano frutto della sua immaginazione, o il fatto che nella storia ci sia anche un terzo libro, quello che viene bruciato e che era firmato dalla mamma di Julie. Finale enigmatico ed irrisolto che spesso frustra l’attento spettatore ma che comunque stimola ad una riflessione sottile e universale su quello che non abbiamo ma vorremmo avere.
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