Scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo: “La sala da ballo era tutta oro: liscio sui cornicioni, cincischiato nelle inquadrature delle porte, damaschinato chiaro, quasi argenteo su meno chiaro, nelle porte stesse e nelle imposte che chiudevano le finestre e le annullavano, conferendo così all'ambiente un significato orgoglioso di scrigno escludente qualsiasi riferimento all'esterno non degno”. Accingendosi a trasporre sul grande schermo il romanzo del principe siciliano, Luchino Visconti pensò di aver ritrovato questo luogo nel grande salone di Palazzo Gangi-Valguarnera. Il regista fu talmente convinto della propria scelta da dedicare una cura maniacale nella composizione del già ricco arredo, eliminando gli elementi anacronistici e aggiungendo agli stucchi, ai marmi e ai fastosi lampadari di murano, suppellettili e arazzi d’epoca. Un lavoro certosino che durò giorni, accompagnato da un grandioso studio delle luci e delle coreografie. Il risultato fu una delle scene più celebri del cinema italiano: il romantico ballo tra il vecchio gattopardo Fabrizio (Burt Luncaster) e la giovane e avvenente Angelica (Claudia Cardinale), sotto lo sguardo algido di Tancredi (Alain Delon).
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