Nonostante lo stile registico e narrativo può risultare quasi distante dalla nostra percezione dei contenuti, sia per i costumi che per la differente gestualità dei personaggi, guardare un film orientale è come scoprire atteggiamenti e stili di vita che appartengono ad un contesto che, a primo acchito, percepiamo strani.
Se vogliamo partire con una pellicola di grande stile, è giusto dare onore ad uno dei più importanti registi del mondo orientale: Takeshi Kitano, il quale ha modificato nel tempo i generi dei suoi film e che ha espresso al meglio il suo stato d’animo d’artista attraverso essi. Per esempio, “Achille e la tartaruga” (2008), è un’opera che ci mostra la storia di un artista che ha vissuto un’infanzia difficile, dopo la perdita dei genitori e di tutti i suoi beni. L’artista, interpretato da Kitano, sviluppa l’ossessione del creare qualcosa di “bello” per soddisfare il gusto cinico di un critico d’arte, svilendo così il senso delle sue creazioni e dell’arte.
Cambiando completamente genere e optando per un “gomorra orientale”, non possiamo perdere le storie de “Il tocco del peccato” (2013), di Jia Zhangke, il quale mostra l’aspetto crudo di quattro storie di criminalità e corruzione della Cina che si confronta ogni giorno con gli aspetti negativi della società moderna, come l’industrializzazione, la prostituzione e la disoccupazione.
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