La cinematografia italiana non sforna mai un thriller degno ma nelle piccole produzioni legate a realtà geografiche ben definite è foriera di grandi noir dell’animo. E’ il caso di “La foresta di ghiaccio” del regista Claudio Noce che firma un microcosmo frontaliero. Un operaio il 30 enne Pietro – Domenico Diele - viene chiamato per manutenere una diga che si trova al confine tra Italia e Slovenia dove nel 1994 passavano i reietti di Mostar. Familiarizza con Lorenzo – Adriano Giannini - un quarantenne locale dedito alla bella vita ed a traffici poco chiari. Un suo fratello Secondo - Emir Kusturica – è il custode della diga, mentre tra bande di operai travestiti da malfattori gira solitaria la ricercatrice ambientale Lana – Ksenia Rappoport – in realtà un poliziotta slovena che sta indagando con quella italiana per debellare un traffico di immigrati clandestini. Il film ben narrato, musicato e con una fotografia che rende merito al Trentino-Alto Adige dove è girato svela molto lentamente le sue carte lasciando un alone di mistero che fa pensare. Il finale a sorpresa è un redde rationem della voce del sangue etnico.
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