Trentacinque anni dopo il Blade Runner diretto da Ridley Scott e interpretato da Harrison Ford, Rotger Hauer e Sean Young, nel 2017 è toccato a Denis Villeneuve sfidare il mito e trasportarlo nella contemporaneità senza tradirlo ma senza neanche realizzare una semplice opera di modernariato ed una banale "operazione nostalgia", resa magari più attraente dall'utilizzo delle tecniche contemporanee. Un compito estremamente arduo, ad altissimo coefficente di difficoltà e pieno di ostacoli, che però sono stati ampiamente superati dal regista d'origine canadese.
Il risultato è infatti Blade Runner 2049, un film che non tradisce la grandezza dell'originale e che non si limita a riproporre banalmente i modelli offerti dal capolavoro di Scott. Blade Runner 2049 si inserisce con estrema coerenza nelle strade iniziate nel 1982, dialogando continuamente con il predecessore, e allo stesso tempo lo rinnova, riuscendo ad essere estremamente attuale e sfiorando una serie di problemi (o probabili futuri problemi) della contemporaneità.
Protagonista è Ryan Gosling, affiancato da Ana De Armas, Jared Leto, Robin Wright, Sylvia Loeks, Dave Bautista e Carla Juri: non mancano Harrison Ford nel ruolo di Rick Deckard e un'apparizione di Rachel (Sean Young).
Blade Runner 2049 è candidato a cinque premi Oscar 2018 (fotografia, scenografia, effetti speciali, sonoro e montaggio sonoro): nessuna nomination nelle categorie principali che, nonostante l'agguerita concorrenza, non sarebbe certo stata scandalosa.
Blade Runner 2049, il prologo che spiega cosa è accaduto tra un film e l'altro
Il prologo ci spiega come dopo gli eventi raccontati nel primo film i replicanti Nexus si siano rivoltati e, di conseguenza, la loro produzione sia stata bandita. La Tyrell Corporation, azienda che li produceva, fallì, aprendo una crisi a livello globale, interrotta solo dall'intervento del magnate Niander Wallace (Jared Leto), che con le sue industrie ha prodotto le necessarie colture sintetiche e introdotto una nuova generazione di replicanti. Dopo aver spiegato i retroscena, Blade Runner 2049 ci riporta a casa riprendendo la celebre inquadratura dell'occhio che aveva aperto anche il film di Scott.
Blade Runner 2049, la trama
Arrivando al "presente" di Blade Runner 2049, possono circolare solo i replicanti d'ultima generazione. L'agente K (Ryan Gosling) è tra questi: è un "Blade runner", il cui compito è eliminare i replicanti ribelli ancora in circolazione. In occasione dell'uccisione del vecchio replicante Sapper Morton, trova sepolta nel terreno una strana scatola. Questa scatola contiene un segreto sconvolgente: i resti di una replicante Nexus morta in seguito ad un taglio cesareo.
Una notizia potenzialmente rivoluzionaria, in grado di cambiare glii equilibri e i destini del pianeta, e che travolgerà il protagonista, ora pedina decisiva nella ricerca del "figlio".
Altrettanto importante a livello narrativo è la storia d'amore tra K e Joy (Ana De Armas), un'oleogramma programmato per essere l'amante dell'agente e che avrà un ruolo decisivo nell'economia del film.
Blade Runner 2049, i temi
Come il film di Ridley Scott, il Blade Runner di Denis Villeneuve mischia la fantascienza distopica con la narrazione noir e con una forte e struggente vena romantica. Fondamentale come nel primo film è infatti la storia d'amore, che in questo caso aggiunge un ulteriore livello di post-umano. Joy non è ovviamente umana e non è una replicante: è una semplice e sfuggente proiezione, un avatar, apparentemente non solo priva di coscienza e sentimenti, ma anche di una consistenza fisica e materiale tangibile. È liquida come i sentimenti che dominano quella realtà e pronta a mutare a seconda delle esigenze del partner. Significativo però, nel contesto "filosofico" del film, il fatto che in realtà sarà proprio lei uno dei personaggi a mostrare la maggiore consapevolezza dei sentimenti e del dolore provato e a tirare fuori il senso d'umanità più forte.
Così, come hanno fatto notare molti commentatori e come in qualche modo accadde nel film del 1982, è l'atmosfera struggente di una storia d'amore impossibile l'elemento più immediato che riflette e che in qualche modo rielabora e digerisce, rendendolo diretto, il potente substrato filosofico del film, la sua vera essenza. In ballo c'è ancora la questione del senso dell'umanità, la riflessione sul suo futuro e il significato centrale della creazione. Villeneuve ipotizza un futuro che ancor più che nel film di Scott può essere considerato "presente": c'è, per esempio, la questione del contrasto analogico-digitale e quella in parte connessa della perdita della memoria e della sparizione del passato (per esempio, la casa museo di Deckard dove gli elementi della cultura occidentale sopravvivono come simulacri "vintage" svuotati di senso); c'è la questione del contrasto tra realtà e virtuale, tra essere umano "fisico" e la sua riproduzione che vive e agisce in un ambito, appunto, non palpabile e del loro sempre più vischioso avvicinamento, causa di una liquidità assoluta che influisce fin nel quotidiano e nell'essenza delle relazioni più intime. Sono alcune delle tematiche estremamente attuali che rendono il nuovo Blade Runner non un semplice omaggio né una banale operazione nostalgia, ma un'opera che tiene assolutamente il polso dei tempi.
L'altro grande tema che costituisce l'essenza di Blade Runner 2049 è quello della creazione, intesa come vero atto distintivo dell'umanità. è la continua e disperata ricerca dell'atto del creare che muove in qualche modo la narrazione del film e che causa i comportamenti dei personaggi. Non a caso Blade Runner 2049 ha, a livello narrativo come a livello iconografico, più di un'eco religioso, per quanto trattati in maniera assolutamente laica, compresi sacrifici quasi cristologici.
il fatto, che è qui impossibile approfondire adeguatamente, che ci siano quattro livelli di umanità e post-umanità rende tutto ancor più complesso, stratificato e affascinante.
Blade Runner 2049, la regia di Denis Villeneuve
Blade Runner 2049 avanza con un ritmo solenne e meditabondo che, pur non mancando di accattivanti e adrenaliniche scene d'azione, concede poco al ritmo forsennato di operazioni simili; è un film che ha bisogno del suo tempo per mostrare la sua complessità di fondo, ma che contemporaneamente gioca con efficacia sul livello più immediato del coinvolgimento emotivo, del suo cupo romanticismo e della formidabile bellezza formale, "scenografica" ed estetica.
Denis Villenueve, del cui stile tipico si ritrovano molte tracce – a partire dalle inquadrature dall'alto con l'inquietante tappeto sonoro della musica elettronica che anticipano momenti decisivi della narrazione e che già si erano visti in Sicario (2015) e Arrival (2017) -, riesce così nell'impresa di non soccombere al cospetto del mito realizzando un film profondo, solenne, struggente e affascinante, capace di essere epico e romantico pur nella complessità di fondo e pur essendo anche un ritratto/avvertimento della contemporaneità
Voto 8,5
Era più semplice allora
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