I documentari di Frederick Wiseman si presentano quasi sempre con dei titoli asettici e dallo scarso appeal commerciale, spesso facenti riferimento ad alcune istituzioni: At Berkeley, High School, Aspen, Welfare, Hospital, Crazy Horse o ancora National Gallery. Non fa eccezione neanche la sua ultima opera, Ex Libris - New York Public Library, che cerca di raccontare in ben 197 minuti, non tanto ciò che avviene quotidianamente nei luoghi di quella che è certamente una delle più importanti istituzioni culturali americane, ma di trasformare questa in una rappresentazione idealizzata di un mondo pressoché perfetto.
Ex Libris: The New York Library, il montaggio del film
Wiseman, quindi, dietro ad un approccio che sembra apparentemente presentare la realtà senza alcun filtro cinematografico, sceglie attraverso il montaggio solo il materiale (su centinaia di ore di girato) utile a quella che vuole essere la missione finale del suo documentario: rappresentare la migliore versione possibile del mondo in cui viviamo, in cui ci sia il piacere di andare a lavorare e la gioia di condividere le proprie passioni anche con persone sconosciute (di estrazione sociale e culturale differente). In questo microcosmo, in cui ciascun individuo è un ingranaggio indispensabile a muovere la macchina della New York Public Library (dai centralinisti, agli uscieri, passando per gli inservienti: non c’è un solo lavoratore che sembra infelice di adempiere al proprio ruolo) anche i personaggi più importanti, quelli che generalmente vengono ospitati per dibattiti e conferenze, vengono introdotti dal regista statunitense senza alcun clamore, ma esattamente nella stessa maniera con cui vengono mostrati gli addetti alle mansioni più umili.
Così, in un meraviglioso spezzone di un incontro pubblico con Elvis Costello, lo storico cantante di Pump It Up e Oliver’s Army non viene identificato da nulla, se non da un libro che tiene in mano e che riporta il nome del suo autore.
Ex Libris: The New York Library, un luogo fatto di persone
Nella New York Public Library di Wiseman si svolgono conferenze che analizzano il legame tra politica e schiavitù nel XVII secolo, ci sono dei militari dell’esercito in cerca di qualche volenteroso da arruolare tra le loro fila e persino dei rapper che inscenano spettacoli improvvisati e dall’irresistibile verve polemica. I centralinisti della New York Public Library sono lì a disposizione di tutti per rispondere anche alle domande più improbabili ed assurde (“quando è comparsa per la prima volta all’interno di un libro la figura dell’unicorno?”, chiede uno di questi) con grande umanità e passione nel soddisfare ogni possibile curiosità. Ma come sempre avviene nei documentari di Wiseman, l’istituzione che dà il nome al film non è il reale interesse del racconto, quanto lo sono invece le persone che ogni giorno la vivono e la frequentano: dai bambini che ci vanno dopo la scuola per attività formative, agli studenti universitari che visitano gli immensi archivi fotografici per uno studio sull’evoluzione grafica della pubblicità, passando per gli anziani che sfruttano i computer della biblioteca per usare internet.
Così Ex Libris parla tangenzialmente anche di digital divide, delle disparità economiche come causa di diseguaglianze nell’istruzione e nella cultura, solo mostrando brevi frammenti di vita quotidiana apparentemente insignificanti (come una veloce ricerca su google) ma che invece assumono un senso nel magnifico mosaico che Wiseman costruisce partendo da quel microcosmo idilliaco che riprende come se fosse il mondo di tutti giorni ed invece diventa utopia se si pensa di estenderlo anche al di fuori di quella istituzione lì.
Ex Libris: The New York Library, il documentario ottimista di Wiseman
Quello di Wiseman è un cinema politico nel senso letterale del termine, perché non parla di luoghi (come i titoli dei suoi documentari suggerirebbero) ma di comunità, senza le quali quei luoghi non sarebbero che strutture ed edifici prive di scopo e funzione. Un film “comunista” proprio per il modo unico con cui mostra l’organizzazione della più grande biblioteca del mondo senza tralasciare nessuno dei compiti che ogni giorno centinaia di persone svolgono con dedizione per renderla efficiente ed accogliente (un altro termine spesso abusato e che invece in Ex Libris ritrova il suo reale significato).
Mettendo in scena l’esaltazione dell’intelletto, la voglia di scoprire e di conoscere che anima i visitatori della New York Public Library, Wiseman firma un lavoro dall’ottimismo contagioso, pregno dell’amore che questo regista ha nei confronti dei suoi concittadini più virtuosi e verso la concezione stessa di lavoro, di professione intesa non solo come sacrificio ma come scelta di abnegazione (cosa che emergeva già in Hospital del 1970, il cui regista mostrava le attività quotidiane che medici ed infermieri del Metropolitan Hospital Center svolgevano nei reparti di emergenza e negli ambulatori dell’ospedale).
Ex Libris: The New York Library, la passione per i dettagli
Lo scopo dei documentari di Wiseman non sembra essere semplicemente quello di mostrare agli spettatori qualcosa che ancora non conoscono (che spesso è lo scopo primario di questo genere di film), ma di rendere loro partecipi della forza e della bontà di una società in cui spesso non crediamo, ma che al suo interno possiede ancora risorse per potersi riprendere anche dai momenti più bui, perché composta da persone in grado di mettere l’interesse della collettività davanti a quello individuale. E se la durata certamente importante di Ex Libris - New York Public Library può inizialmente spaventare, ci si rende conto, vedendo il film, che la selezione del materiale fatta da Wiseman non è in alcun modo casuale o “eccessiva”.
Ogni intervento è significativo, ogni singolo scambio è importante ed ha un proprio valore, ogni frammento di questa maestosa operazione è complementare a quello mostrato prima e si collega a quello che viene dopo. In questo sta la grandezza di un documentarista che ha speso la sua vita a raccontare la società americana con uno stile assolutamente personale e che (fortunatamente) negli ultimi anni sta ricevendo quei riconoscimenti che gli sono stati a lungo negati, prima con il Leone d'oro alla carriera nel 2014 e successivamente con l’Oscar onorario che gli è stato assegnato nel 2017. Qualcuno potrebbe dire "meglio tardi che mai", ma c'è sempre bisogno di documentaristi consapevoli e di talento che interpretano la realtà con una visione personale e intrigante.
Voto: 7
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