Figli di MAAM di Paolo Consorti, è ambientato al Museo dell’altro e dell’Altrove – Metropoliz di Roma.
San Giovanni Battista, caduto sulla terra per annunciare la venuta del Messia, viene accolto degli abitanti del MAAM con estrema naturalezza. Accanto a lui compaiono, come visioni: S.Agostino, S.Cecilia, S.Matteo, Erode e Satana.
Il film ruota intorno ad una domanda: l’arte può dare significato alla vita o la vita può dare significato all’arte?
Si tratta di una caccia al tesoro, dove inseguitori ed inseguiti si rincorrono in un vorticoso labirinto.
Così vediamo San Giovanni Battista, aggirarsi tra le pareti della fabbrica occupata e trasformata in museo, con l’aria smarrita e sentiamo su di lui lo sguardo di qualcuno che lo sta spiando, tra porte, finestre e aperture in muri crollati. E’ il diavolo che lo segue ed è a sua volta inseguito dall’Arcangelo Michele
Una caccia al tesoro disseminata di simboli e riferimenti: uccelli di fuoco, meridiane che segnano la rivoluzione, croci di legno portate sulla schiena come frecce nella faretra oppure impugnate come spade, il dito dell’artista Michelangelo Pistoletto che tocca la mano di un Battista accasciato a terra è una fugace citazione della famosa scena della Cappella Sistina.
Simboli che possono venire colti dallo spettatore a seconda della sua cultura e della sua sensibilità, perché il vero protagonista del film è proprio lui, lo spettatore, che deve trovare una risposta, la sua risposta alla domanda posta dal regista.
A metà tra il documentario d’attualità e la video performace, mescola sapientemente la tecnica documentaristica della rappresentazione diretta della realtà e la creazione di una realtà simbolica.
Così da una parte abbiamo il bellissimo effetto di straniamento dato dalla contrapposizione tra S. Giovanni, con la sua voce impostata da doppiatore, e la spontaneità dei bambini zingari del MAAM, dall’altra parte la creazione di una realtà simbolica viene evidenziata da un utilizzo speciale degli spazi e della luce: Lionello è Giovanni in piena luce quando è nella parte occupata del MAAM ed è il Battista quando è nel museo, immerso in un atmosfera caravaggesca.
Coinvolgente e stimolante, non risolve i quesiti che solleva e il finale, che sembra essere un po’ troppo veloce, lascia lo spettatore in sospeso. Si esce dalla sala cinematografica con un punto interrogativo.
Però è bellissima la sensazione di portare nella propria vita qualcosa del film di Consorti: l’arte può dare significato alla vita o la vita all’arte?
Federica Tasselli
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