Icona. Non ci sono molte altre parole per descrivere meglio Steve McQueen, di cui ricorre, proprio il 7 novembre, il 35esimo annivversario della prematura morte. Stroncato a soli 50 anni da un fulminante cancro ai polmoni, è diventato un divo anti-divo, per poi consacrarsi definitivamente alla leggenda, che rivive nelle sale cinematografiche grazie a Steve McQueen: Una vita spericolata: documentario che sarà proiettato il 9, il 10 e l'11 novembre nelle sale italiane e curato Gabriel Clarke e John McKenna.
La vita spericolata cantata da Vasco Rossi, quella che addirittura dà il titolo al docufilm, non è vuota retorica nel caso di Steve McQueen. La sua, una vita spericolata, lo fu davvero. Dentro e soprattutto fuori dal set. Perché quando non era impegnato nelle riprese lui era sempre a correre, dappertutto. Tra le dune di sabbia del deserto, in pista, sulle strade congestionate dal traffico. Una passione spericolata, che gli fece ottenere una lista interminabile di multe per eccesso di velocità. Non è un caso che uno come Sir Stirling Moss di lui disse: Va veloce, ma non ha alcuna disciplina, non sa nemmeno cosa vuol dire avere paura! Sempre al limite, sempre oltre il limite, i motori erano – oltre al sesso – una delle poche coordinate fisse della sua vita.
Ai motori Steve McQueen volle dedicare un film, il controverso Le 24 Ore di Le Mans, che tanto gli costò dal punto di vista artistico, professionale, economico e umano. Steve McQueen: Una vita spericolata ci porta proprio dietro le quinte di quell'ambizioso progetto, ricostruendo con efficacia i rapporti con la trouppe, i problemi sul set, i tragici incidenti e i tradimenti. Il tutto attraverso anche le preziose testimonianze dirette del figlio Chad McQueen.
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