Artista dal volto e dalla dizione inconfondibili, protagonista degli anni migliori della televisione pubblica italiana, quando la Rai osava la sperimentazione, attore per il teatro, il cabaret, la tv, il cinema, cantante, voce radiofonica, pittore. Felice Andreasi, con la sua attività poliedrica, è stato una figura carismatica dello spettacolo, soprattutto della scena comica nella sua dimensione satirica e surreale. Nato a Torino l’8 gennaio 1928, è scomparso a Cortazzone, in provincia di Asti, il 25 dicembre 2005. Due anni fa, in occasione del decennale della scomparsa, l’Associazione Piemonte Movie ha avviato una serie di iniziative dal titolo L’AttorPittore. Omaggio a Felice Andreasi. La più recente - in programma lunedì 9 gennaio 2017 alle ore 20.30 al cinema Massimo di Torino, alla presenza di Cochi Ponzoni - è la proiezione di Sturmtruppen, diretto nel 1976 da Salvatore Samperi, uno dei numerosi film interpretati da Andreasi fra il 1972 e il 2004.
Film comico nel segno del surreale e del metacinema, derivato dall’omonima serie a fumetti di Bonvi (che appare in un cameo) e firmato da un regista che ha coniugato nel suo cinema erotismo, trasgressione sociale e militanza politica, Sturmtruppen vede Andreasi nel ruolo del Sergente frustrato da un insanabile complesso edipico. È una delle tante figur(in)e di un film corale (con Cochi Ponzoni, Renato Pozzetto, Teo Teocoli, Lino Toffolo, Massimo Boldi…) dominato dall’anarchia, dove l’assoluta indisciplinatezza e le ossessioni tanto dei militari del comando quanto dei soldati semplici sono rappresentate da Samperi ricorrendo ad ampi movimenti di macchina per realizzare una sontuosa coreografia, per inscrivere quei corpi stropicciati, insubordinati, maltrattati, in un preciso disegno filmico che si apre anche alla riflessione sul cinema. Infatti, le tragicomiche disavventure di questo reparto di pseudo-nazisti mandato allo sbaraglio sono punteggiate da battute e da immagini che rivelano la finzione del set, di un set sgangherato circondato dal nulla e dentro il quale transitano corpi in abiti contemporanei, mentre scene dal segno onirico tratteggiano la società italiana contemporanea.
Come le strisce di Bonvi (e quel suo commovente, straziante libro Ultime lettere delle Sturmtruppen), il film di Samperi è amaro, pervaso di umorismo nero, e abitato da un finale che, quarant’anni dopo, e ancor più in questo nostro presente apocalittico, rimane un capolavoro di satira politica nel descrivere un mondo che perpetra l’auto-distruzione, inghiottito dal fango simbolico del campo e delle trincee. Il fantasma del Milite Ignoto viene inviato da Dio (che è una donna) per leggere un messaggio, ma tutti, appena ne comprendono il soggetto, glie lo impediscono. Arriva anche il Papa, che lo uccide con un’ostia avvelenata. Si trattava di un messaggio di pace. “Pace a voi, che la guerra continui”, urla più volte il pontefice in quel luogo così surreale così realista.
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