“Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente” scriveva Dante Alighieri nel Canto III dell'Inferno della Divina Commedia. Lars Von Trier propone la sua personalissima visione dell’Inferno, raccontando il modus operandi di un serial killer misogino e nichilista, nel suo film The House that Jack Built, presentato fuori concorso alla 71° edizione del Festival di Cannes.
Matt Dillon è Jack, un ingegnere con dei gravi disturbi mentali e tendenze ossessivo-compulsive, nell’America degli anni ’70. La sua follia omicida inizia lungo una fredda e isolata strada di montagna, dove una donna elegante e logorroica, interpretata da Uma Thurman, lo ferma per chiedergli aiuto con l’auto in panne. Questa prima vittima dà inizio ad una brutale scia di sangue, alla disperata ricerca del delitto perfetto che Jack progetta nel dettaglio, come la costruzione di un qualsiasi edificio. La sua voce fuori campo racconta a Virgilio - una figura misteriosa che si palesa soltanto nella parte finale del film, nella persona di Bruno Ganz - i vari “incidenti” che lo hanno portato a collezionare oltre 60 corpi all’interno di una cella frigorifera spaziosa e claustrofobica per diventare Mr. Sofistication.
The House that Jack Built: il disturbante film di Lars Von Trier
Il regista di Melancholia, Nimphomaniac e Antichrist muore sempre dalla voglia di provocare il pubblico e la critica, e questa volta lo fa con un thriller horror disturbante e cupo, ma anche tremendamente intrigante. Una regia ambiziosa e creativa porta sullo schermo le riflessioni di un commesso assassino, sulle note di una colonna sonora pop rock assolutamente adatta alle intenzioni. La fotografia livida e suggestiva di Manuel Alberto Claro investe il film di un’alta valenza estetica, con il colore rosso predominante, dal minivan su cui viaggia il protagonista al sangue che invade spesso l’inquadratura e la scenografia del finale. Fotografie, disegni, illustrazioni e finzione costituiscono una tecnica mista con continui riferimenti all’arte e alla cultura classica. Inoltre Von Trier richiama spesso il mondo animale, come vittima e come carnefice, correlato al comportamento istintivo degli esseri umani, nel bene e nel male.
The House that Jack Built: Matt Dillon da Oscar
Matt Dillon regala un’ottima interpretazione, coinvolto in un valzer di espressioni per un personaggio inquietante e dedito al Male, ma capace anche di una graffiante ironia, propria del regista danese sempre al centro delle polemiche. Il suo assassino ha una freddezza terrificante, ed è assolutamente privo di coscienza, mentre progetta gradualmente il suo piano per portare a termine la sua missione. “Il contenuto del film è abbastanza oscuro, implicava un bell’atto di fede da parte mia" ha dichiarato l'attore che aggiunge un ruolo importante alla sua carriera. Al suo fianco l'attore tedesco celebre per Il Cielo sopra Berlino, che si conferma una spalla indispensabile e carismatica. Esplorando una mente instabile, tuttavia, Lars Von Trier denuncia anche l’indifferenza imbarazzante della società contemporanea, rendendo il suo film una feroce critica che invita a riflettere. Jack agisce indisturbato commettendo atti cruenti e criminali e nessuno viene in soccorso delle sue vittime, pur sentendo urla strazianti, mentre le forze dell’ordine sono praticamente inutili e incapaci di fare il loro lavoro. Come ha affermato Von Trier in un'intervista al The Guardian, il suo intento era di sottolineare che “la vita è crudele e non ha pietà, cosa tristemente confermata dall’ascesa dell’Homo Trumpus” facendo un chiaro riferimento al governo Trump. The House that Jack Built è un film provocatorio che riunisce filosofia, adrenalina e follia, per un effetto potente. Il regista non si risparmia nel creare immagini forti che vogliono essere ricordate.
The House that Jack Built: un serial killer psicopatico ma anche ironico
Sono passate molte storie di serial killer violenti e psicopatici sul grande e piccolo schermo. Recentemente il fascino per questi personaggi perversi e criminali è tornato alla ribalta con la bellissima serie tv Mindhunter di David Fincher in onda su Netflix, anche se il protagonista di Von Trier sembra più una versione malvagia e indomabile del Dexter interpretato da Michael C. Hall. Il terrore di The House that Jack Built, infatti, è proprio la mancanza di movente e di un’idea di giustizia alternativa dell’assassino, mentre Dexter agiva secondo una sua ideologia di vendetta meritata, ai danni di coloro che avevano superato il limite coinvolgendo degli innocenti. Certo, il film di Lars Von Trier contiene immagini cruente difficili da vedere senza mettere una mano davanti agli occhi, ma niente che non si sia già visto in cult horror e thriller ad alta tensione nel corso degli anni. La maestria del regista, tuttavia, è la fusione di toni drammatici e spaventosi con uno humour pungente ma efficace, che alleggerisce la storia anche nei momenti più scioccanti. In questo stile si riconosce anche il cinema dei fratelli Coen e di Quentin Tarantino, seppure con un personalissimo tocco alla Von Trier.
Mentre in Nyphomaniac al centro del delirio ossessivo vi era il sesso, in The House that Jack Built il regista si concentra sulla malattia mentale, oltrepassando i confini del lecito per un effetto dissacrante che agisce come un pungo nello stomaco. Von Trier si diverte con alcune autocitazioni che mostrano scene dei suoi film precedenti. E l’ultima parte si presenta come un vero e proprio viaggio negli inferi con Jack e Virgilio immersi in un’ambientazione surreale a suo modo affascinante.
"Non credo che riuscirò a fare altri film dopo questo" ha dichiarato il regista anticonformista che ha accettato di proiettare il suo film alla 71° edizione del Festival di Cannes dopo un duro braccio di ferro con il Direttore artistico Thierry Fremaux. Sicuramente The House that Jack Built farà parlare i cinefili per molto tempo e, nelle sale italiane, sarà distribuito da VIDEA, anche se non è stata ancora annunciata la data di uscita. Però resta il fatto che si tratta di un thriller teso e coinvolgente, con un ritmo dinamico, da non perdere. Per il pubblico facilmente impressionabile, tuttavia, meglio desistere o vivere questa esperienza cinematografia con la giusta compagnia, anche se l'eccessivo clamore che grida allo scandalo è ingiustificato.
Voto: 8
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