Guardando la sua fotografia, Lou Ye non ha la faccia del regista controverso che si scontra ripetutamente contro le autorità del suo paese. Sembra un uomo di 45 anni del tutto ordinario, uno che non vuole destare poi tanto scalpore. Eppure non è la prima volta che tormenta il sistema censorio della Cina con film che fanno indispettire le autorità: già nel 2006 si era presentato al Festival di Cannes con Summer Palace, cronaca amara della presa di coscienza politica di una generazione e del suo tragico disincanto, culminante nella protesta a favore della democrazia del 1989 in piazza Tienanmen. Già in quell’occasione, il film era stato presentato senza ricevere alcuna autorizzazione da parte del governo, e questo colpo di testa aveva inflitto al regista e al suo produttore Nai An il divieto di realizzare film per i cinque anni successivi.
Incurante del divieto, nel 2009 eccolo di nuovo sul tappeto rosso del rinomato festival francese, questa volta con Spring Fever, un’altra pellicola di sicuro non creata per compiacere la censura cinese. Ambientato a Nanchino, la trama segue le ingarbugliate e melodrammatiche vicende amorose di cinque persone: una coppia, l’amante gay di lui, il detective assunto dalla moglie per indagare sul marito e la fidanzata del detective stesso. La controversa relazione omosessuale alla base della trama del film si offre solo come spunto per toccare il tema più ampio della repressione sessuale in Cina, una repressione che non permette all’individuo di realizzarsi completamente e di essere cosciente della libertà di cui gode, così da poter scegliere autonomamente ciò che vuole dalla sua vita, invece di adattarsi alle conformismo imposto dalla società.
Lou Ye è nato a Shangai e la sua vita ha sempre gravitato attorno all’arte. Prima di iscriversi nel 1980 alla Beijing Film Academy, aveva studiato pittura e disegno. I suoi genitori erano attori di teatro. Nel suo modo di fare cinema è riuscito a fondere ispirazioni occidentali con le correnti della tradizione cinese. Considerato un provocatore e un oppositore del sistema, Lou Ye è soprattutto un inguaribile romantico. In ogni suo film i personaggi vivono tormentate e passionali storie d’amore, che diventano vivide sullo schermo grazie alla cinepresa in costante movimento che li segue con la stessa avventatezza e lo stesso ritmo ansioso con cui loro attraversano le vicende della loro vita.
Tra le altre opere firmate da Lou Ye, ricordiamo Il fiume Suzhou (2000), Love and Bruises (2014) e Blind Massage (2014).
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