L’opera prima della regista yemenita Khadija Al-Salami “La sposa bambina” è uno spaccato della vita odierna della società yemenita sebbene sembri una società bloccata in pratiche tradizionali fuori dal tempo.
Il film è ispirato alla biografia di Nojoom Ali e Delphine Minoui che racconta come una bambina di 10 anni dopo essere stata data in moglie a un uomo molto più grande di lei riesce a ribellarsi ed affrancarsi dal matrimonio impostole chiedendo il divorzio presso il tribunale di Sana’s e ottenerlo.
Il film è, dunque, ambientato in Yemen negli anni 2000, Nojoom – che significa “stelle” – è una bambina dal destino segnato: il padre le cambia il nome in Nojood “nascosta” e nonostante sia consapevole delle sofferenze a cui andrà incontro la figlia, asseconda le regole non scritte della convivenza in Yemen e che regola i rapporti tra ricchi e poveri, tra uomini e donne dove il povero soccombe sempre e le donne subiscono i soprusi degli uomini.
In fase di contrattazione, il padre riesce a ottenere la promessa da parte dell’uomo che sposerà sua figlia di 10 anni di non consumare il matrimonio fino al raggiungimento della pubertà.
Ma appena sposi e lontani dalla casa paterna, il marito pretende dalla bambina l’assolvimento degli obblighi coniugali e la violenta.
In seguito la “consegna” nelle mani della suocera come schiava, picchiandola e segregandola ogni volta che disobbedisce. L’indole indomita di Nojoom l’aiuterà a scappare dalla casa del marito, raggiungere la capitale dello Yemen, Sana’a, e rivolgersi al tribunale per ottenere il divorzio che, finalmente, ottiene.
Il film è promosso da Amnesty International e Unicef a difesa dei diritti umani e dell’infanzia. Il quadro della società yemenita offerto dalla regista è molto concreto, non retorico e rispettoso della propria cultura, e a ragion veduta, dal momento che la stessa regista sia stata essa stessa una “sposa bambina”.
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