Si è conclusa a breve la 72esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il festival del cinema più antico al mondo. La sua prima edizione, nell’agosto del ’32, nacque dallo sforzo congiunto dell’allora presidente della Biennale di Venezia, Giuseppe Volpi di Misurata e del segretario generale dell’Istituto internazionale per il cinema educativo, Luciano De Feo.
Da allora manifestazioni di questo tipo si sono moltiplicate in tutto il mondo catturando l’attenzione dei cinefili e nutrendo schiere di critici. Hanno dispensato premi importanti, hanno radunato appassionati e curiosi ma soprattutto hanno contribuito ad erigere il cinema al rango di settima arte.
Attraverso i festival il cinema celebra se stesso creando una nicchia autoreferenziale dalle infinite potenzialità. Molti registi hanno contribuito a questa sorta di autoglorificazione con pellicole-capolavoro che rendono esplicito omaggio alla loro arte.
Chacun a son cinéma (2007), ad esempio, è un film a episodi concepito da Gilles Jacob, presidente del Festival di Cannes fino al 2014, per celebrare il 60esimo anniversario della manifestazione. Si tratta di 33 corti che prendono spunto da una solidissima tradizione autoriale metacinematografica. Film come 8½ di Fellini, Effetto notte di Truffaut hanno fatto scuola influenzando le pellicole successive incentrate sul cinema.
Si ricordino: Nuovo Cinema Paradiso (G. Tornatore, 1988), vincitore del Grand Prix Speciale della giuria al Festival di Cannes del 1989;
tre film di Woody Allen, fedele felliniano, Sturdast Memories (1980), La rosa purpurea del Cairo (1985), Hollywood Ending (2002);
Ed Wood (T. Burton, 1994) con un Johnny Depp all’apice della forma nei panni del “peggior regista di tutti i tempi”;
The Aviator (M. Scorsese, 2010) dedicato alla memoria del produttore e aviatore Howard Hughes;
The Artist (M. Hazanavicius, 2011), riuscitissimo omaggio al cinema muto degli anni venti, presentato al Festival di Cannes.
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