Il movimento della Nouvelle Vague francese si diffonde verso la fine degli anni Cinquanta, principalmente per la necessità delle nuove generazioni di creare un cinema rispecchi la propria dinamicità, in contrapposizione allo stile documentaristico del cinema francese dell’epoca. Questo cinema tradizionale era anche moralistico e dai tratti universali, ridotto a prodotto di consumo e intrattenimento.
I registi della Nouvelle Vague contestavano radicalmente questo approccio, sostenendo che il film è diretta espressione del regista -non degli attori e non corrispondente alla sua sceneggiatura né alla scenografia-. Proprio tale concezione del regista come scrittore di cinema è al centro dalla Politica degli autori, sviluppata e così denominata dagli stessi esponenti della Nouvelle Vague. Secondo questa politica, l’autore dovrebbe essere riconoscibile sin dai primi fotogrammi di una pellicola. Lo stile deve essere la sua firma. Il mezzo privilegiato per comunicare con lo spettatore non dovrebbe essere la trama, bensì le scelte stilistiche che contribuiscono a creare una realtà artefatta. Il film diviene così l’espressione del regista e, lungi dal poter essere universalizzato, il cinema della Nouvelle Vague tende alla personalizzazione, celebrata dai registi.
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