Jonny Grenwood - chitarrista dei Radiohead - e Paul Thomas Anderson - uno dei più noti registi americani del momento - avevano già lavorato insieme dando vita a dei miracoli audiovisivi come Il petroliere e The Master. I due si trovano a collaborare di nuovo per la realizzazione di Vizio di forma, un film affascinante e psichedelico, coinvolgente ma confuso, un thriller hippie potente ed espressivo. Doc Sportello - il protagonista del film interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix - è una sorta di Hunter Thompson alle prese con un’indagine fitta di misteri resa ancora più caotica dal suo abituale e quotidiano consumo di droghe. Se il film risulta essere un interessantissimo ibrido tra thriller, noir e hippie movie newhollywoodiano, la colonna sonora di Jonny Greenwood non è certo da meno. Il polistrumentista britannico approfitta del contagio di generi di Vizio di forma per realizzare una soundtrack ricca di sonorità diverse e incredibilmente efficaci. Greenwood è capace di ricreare quelle atmosfere piene di tensione e suspense - attraverso brani come Meeting Cocker Fenway, The Chryskylodon Institute o Adrian Prussia - vicine ai thriller del cinema classico americano, ma anche molto legate al suo personale percorso musicale (da evidenziare il brano Spooks che, nonostante non sia mai uscito in alcun album dei Radiohead, venne suonato più di qualche volta, una decina d’anni fa, nei live del noto gruppo inglese). Il compositore si è servito poi di diversi brani che, uniti alla piacevole grana del 35 mm con cui il regista ha scelto di girare il film, sono riusciti in pieno ad inserire la pellicola in un contesto temporale ben preciso: gli anni Sessanta-Settanta. Ed è così che il britannico alterna i suoni composti da lui con quelli di Minnie Riperton, dei CaN, di Les Baxter, di Kyu Sakamoto e di Neil Young. L’intera colonna sonora - disponibile su Spotify - riesce così a fondere tutte queste componenti che armonicamente si sommano tra loro e raggiungono quella pienezza emotiva che però si concretezza interamente solo grazie all’integrazione delle immagini. Non bisogna dimenticarsi, infatti, che stiamo parlando di un film ed è proprio grazie al rapporto ambivalente e indissolubile con cui i suoni si legano alle immagini che la coppia Anderson-Greenwood riesce, per la terza volta consecutiva, a produrre un pacchetto audiovisivo straordinario. Michel Chion diceva che solo “liberandosi da un'impostazione dualistica ci si accorge che certi elementi del cinema non sono né visivi né sonori, ma piuttosto transensoriali”. E in Vizio di forma sembra proprio che la musica riesca ad essere un perfetto esempio di “valore aggiunto” - termine caro al già citato critico e compositore francese - in grado di conferire alle immagini quel quid in più che permette al film di operare nell’ambito di un’audiovisione vera e propria.
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